“Le aziende italiane anche medio-piccole hanno finalmente capito che gli influencer possono essere un’opportunità per comunicare e costruire un rapporto con il proprio pubblico, ma c’è ancora molto da lavorare sulla cultura digitale e sulla conoscenza dei social, presupposti che l’influencer marketing richiede”.

Ad analizzare il fenomeno è Lino Garbellini, esperto di tecnologia e autore del libro “Professione influencer” edito da Tecniche Nuove. Un titolo provocatorio, visto che il mercato appare ormai saturo: “Si tratta di scegliere con attenzione il settore e la piattaforma perché in alcuni casi può essere molto laborioso – suggerisce Garbellini-. Alcuni argomenti come il food o il fashion su un canale come Instagram sono veramente saturi”.

Si apre però una nuova opportunità ancora poco esplorata: c’è spazio per chi vuole raccontare il mondo degli avvocati, o della Borsa, con un podcast o su LinkedIn. “Credo ci sia uno spazio enorme per quanto riguarda altre tematiche, soprattutto professionali e su strumenti come LinkedIn, Facebook o YouTube. I dipendenti sono sempre più i migliori influencer e lavorare sul proprio personal branding per diventare un riferimento sui social nel proprio settore di business credo sia una strada ancora aperta in Italia”.

La nuova frontiera è, quindi, quella dei micro influencer che hanno una profonda conoscenza di un argomento, un rapporto di fiducia con il proprio pubblico e un maggiore coinvolgimento. Ma perché i brand li cercano?

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